Il Tao e l’importanza del “vuoto” nel tatuaggio.
Cosa è il Tao? Quanto è importante il “vuoto” per apprezzare il “pieno”? Quanto è importante lo spazio non tatuato per apprezzare un tatuaggio?
Lao Tzu – Tao te Ching
Se si parla di “vuoto”, non si può non parlare del “pieno” e viceversa.
Nella cultura occidentale associamo il concetto di “pieno” al positivo, alla salute, alla forza, alla ricchezza, mentre il “vuoto” lo associamo a concetti negativi come “ha la testa vuota”, “è una persona vuota”, povero, scarno, malato, debole, etc.
In genere tendiamo ad esser sempre pieni, accumulatori seriali di apparenze: case piene di vestiti, scarpe, mobili, utensili… cose perlopiù inutili che spesso neanche usiamo.
Ma anche interiormente non siamo da meno: opinioni, preconcetti, convinzioni statiche che temiamo d’esser messe in discussione, rancori, credenze. L’atteggiamento estremamente “conservatore” genera stagnazione e assenza di movimento in contrapposizione al naturale fluire del presente, e finchè ci riempiamo di sentimenti vecchi e cieche proiezioni future, non creiamo spazio per nuove opportunità, non lasciamo spazio all’ “adesso”.
Solo creando un po’ di “vuoto” ci apriamo a nuove possibilità, al “pieno”.
Lao Tzu
Ciò si riflette anche nei gusti e nelle tendenze riguardo il mondo del tatuaggio.
Oltre ad essere in tanti oramai ad esserci approcciati al tatuaggio almeno una volta nella nostra vita, con l’immenso piacere di noi amanti ed operatori del settore, siamo anche in tanti ad avere la pelle piena di tatuaggi, con l’unico scopo di “riempirci la pelle di tatuaggi”.
Un opera, un simbolo, un sigillo tatuati possono rendere un corpo esteticamente più gradevole, possono riequilibrarci energeticamente, darci coraggio, forza, ma riempirci a tal punto da non avere più spazi vuoti, sfocia nell’ annullamento del corpo, e di conseguenza anche del tatuaggio.
Un corpo completamente tatuato smette d’esser un corpo, e senza corpo dunque, non si può parlare di tatuaggio.

L’ importanza del “vuoto” nel tatuaggio, è pari all’ importanza del “vuoto” in qualunque composizione grafica, pittorica, musicale, poetica, “in ogni ambito della nostra vita” direi.
Nulla di gradevole e armonioso può essere realizzato se non si ha contezza dello spazio, del contesto, se non si ha conoscenza del supporto su cui si va ad operare, senza l’attenzione al corpo da tatuare: non c’è vita se non c’è respiro, non c’è materia se non c’è uno spazio che l’accoglie.
Lao Zi – Tao te Ching
Questo approccio sposa appieno il concetto orientale di “vuoto” come sinonimo di infinita ricchezza e possibilità, massima apertura e libertà, entità di per sé esistente e non come negazione del pieno.
Nelle forme d’arte orientali è di rilevante importanza il “vuoto”, poiché è grazie ad esso che si individua e distingue il soggetto. Secondo la tipica circolarità del pensiero cinese, tutto l’esistente ha origine nel non-esistente, l’inesprimibile caos originario, l’unità indifferenziata ma feconda dal cui ventre nasce la vita, il Tao.

Oggi anche la scienza sostiene che nell’ Universo, ci sia solo il 4% di materia immersa in un oceano infinito di materia oscura. La meccanica quantistica immagina il “vuoto” come pervaso di fluttuazioni energetiche dalle quali si genera e distrugge la materia in così brevi spazi temporali tali da non esser percepito, o per meglio dire, essere percepito, appunto, come “vuoto”. Non è da escludere che il Cosmo si sia materializzato dal nulla in seguito ad una gigantesca fluttuazione quantistica del “vuoto”.
Il Nobel per la fisica Steven Weinberg affermava che “Più riusciamo a comprendere questo nostro Universo, più sembra assolutamente privo di senso”. Tutto dunque sembrerebbe stia portando a rivalutare l’importanza del “vuoto” di cui i Taoisti già parlavano circa IV secoli prima di Cristo.
Ma per far si che tale concetto venga assorbito definitivamente dalla nostra cultura e dal pensiero quotidiano di tutti, in cui si è insinuata una tremenda paura del “vuoto”, credo ci vorrà ancora del tempo.
A rallentare questa comprensione contribuisce anche la natura consumistica di tutto il sistema che non accetta la rinuncia, la lentezza, il silenzio, ma ci vuole “belli, grassi e dipendenti”, appunto, consumatori.
La pandemia del 2020 e il fermo generale forzato, senza dimenticare ciò che di brutto è accaduto, ci regala una grande opportunità per comprendere ciò di cui sopra: la possibilità di riappropriarci dei tempi lenti, della pausa, dell’ascolto, del “vuoto”, del Tao (la Via)… di conoscere meglio la persona che meno di tutti conosciamo: noi stessi.

Esortazione greco antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi.
“Vuoto” è il foglio che accoglie ciò che stai leggendo, come lo è la pausa che distingue le parole, “vuoto” è il silenzio tra gli accordi della tua canzone preferita, come lo è l’attesa che alimenta il piacere di quel bacio tanto desiderato, “vuoto” è il gusto, “vuota” è la pelle che accoglie un tatuaggio, “vuoti” e fondamentali sono gli spazi che regalano respiro e ambientano, contestualizzano un soggetto.

In conclusione, il “pieno” e il “vuoto” sono due aspetti del Tutto, nulla è separato: nulla di totalmente pieno e nulla di totalmente vuoto esiste. E’ la filosofia dello Yin-Yang, il vuoto-pieno, l’ombra-luce, il femminile-maschile, il negativo-positivo, in eterno equilibrio dinamico.


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